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XXXIII > Il Male Armonico – 15 

Siamo rimasti incastrati nelle trame insidiosamente stordenti di un benessere superficiale e ingannevole. E mentre affidiamo al suo potere le speranze di una felicità possibile, restiamo aridamente impegnati in una corsa smisurata e irriguardosa, senza né umane, né terrene, né celesti attenzioni. Diversamente schiavi del consumo, terribilmente incapaci di reazioni globali di effettiva rilevanza, in un qualche modo tutti complici, insistiamo ad alimentare questo folle meccanismo. 

Millenni di storia per non comprendere ancora il fondamentale valore armonico della comunità unica dei viventi (se non per le solite maggiori opportunità di ricchezza offerte, o per le più ampie possibilità di conquista sfruttando le più abbondanti debolezze!). Sembra sia colossalmente complesso riuscire ad agire tutti insieme per il bene comune. Siamo difficilmente disposti ad affrontare anche minimi sacrifici, e tendiamo a dimenticare quel mondo di noi ancora costretto ad indicibili sofferenze. Troppo facilmente ci abituiamo alle ingiustizie. 

Fintantoché lasceremo chiusi i cuori resteremo assurdamente capaci di non rivolgere neppure uno sguardo ai sofferenti, agli emarginati. Ci ostineremo a vivere come se nulla fosse, continuando a provocare dolore ed emarginazione, stuprando e lasciando che venga violata la natura e la bellezza del nostro mondo. E nutriremo l’illusoria convinzione di poter ancora costruire qualcosa di importante per noi ed il futuro di noi. Ma avremo perso allora, ancora una volta, la capacità di guardare in fondo alla nostra storia, di trovare le giuste soluzioni per prevenire l’insorgere di tante evitabili depressioni. Non sapremo validamente fronteggiare quelle difficoltà che inesorabilmente si presenteranno. Come speriamo si possa davvero procedere senza quel coraggio di metterci finalmente insieme, tutti in cammino per un vero cambiamento?

Vilmente speriamo di allontanare un dilagante acuto malessere che non vogliamo ci riguardi. E ci ritroviamo ad imbavagliare ancora quel nostro stesso bisogno di compassione. Quanto si dovrà attendere che il male si estenda e, sempre più in fondo immergendosi, intossicandoci serpeggi? Quanto ancora, prima di un nostro risveglio? E per quanto lasceremo siano compromesse anche le nostre più naturali possibilità di condivisione e convivenza? Se non anche la possibilità stessa della nostra esistenza? Quando crediamo giunga il giusto momento di mettersi all’opera per far qualcosa di realmente rivoluzionario per le nostre vite insieme qui sulla terra? 

Siamo sempre meno disposti a rinunciare. Ci infastidiamo quando venga anche minimamente aggredita la presunta assolutezza di un qualsiasi diritto che ci riguardi, ogniqualvolta sia anche minimamente intaccata la spensierata autonomia dei nostri “godimenti”. Ma anche per simili interessati reclami, sotto la pioggia artificiale di quel benessere sedante, siamo sempre più incapaci di scender giù in campo e finiamo poi con lo sbraitare soltanto, in fiduciosa segreta attesa della prossima ristorante elargizione. 

Penosamente in preda ad un’incessante corsa pruriginosa non accettiamo di limitarci, neanche quando ad esser messa a rischio sia la serenità o la nostra stessa salute. E ancor meno riusciamo quando, nuovamente graziati, crediamo davvero che certi mali non possano addirittura toccarci. 

Questo è il tempo in cui siamo tutti chiamati al rispetto universale nell’universale forza dell’amore per realizzare l’Armonia. Questa svolta radicale è possibile. E fortemente risuonando adesso ci attende. È già in atto. Nel suo svolgersi, in verità infatti, tutto è realmente compiuto. 

Ascoltiamo, aprendoci alla comprensione delle difficoltà. Ed impariamo anche a cedere a qualche eccezionale e sostenibile compromesso, quando s’imponga come necessario. Ma non continuiamo a rinviare senza far nulla, non restiamo in attesa di chissà quale “allineamento perfetto”. Lasciamo che qualcosa intanto accada. Qualcosa che cominci a riflettere i nostri desideri più belli, quelli che sussurrano di universi insieme nella gioia traboccante della pace armonica. Non cadiamo nell’esasperazione paralizzante al seguito estremo e rigido di pulsioni ideali. Attraverso il limite potremo pur sempre manifestare i nostri infiniti, ogni nostro più profondo sentire.

Naturalmente non ci si sottragga dal valutare criticamente ed esprimere le proprie visioni, ma nella consapevolezza sempre della nostra essenziale unità e nel conseguente rispetto delle diversità. Non è semplice agire in comune accordo, soprattutto per fronteggiare le crisi più dure, ma riuscirci è sempre possibile, ed allora è semplicemente meraviglioso.

Anche le naturali opposizioni, a qualsiasi livello, cooperano tra loro. Così fanno i giorni e le notti che, preparandosi a vicenda, armonicamente si susseguono. Deboli e forti. Poveri e ricchi. Ultimi e primi. Siamo tutti insieme al lavoro per costruire. E soprattutto nei momenti bui siamo ancor di più insieme ed impegnati. Le “opposizioni di minoranza” aiutino quindi le sorelle ed i fratelli eletti alla difficile responsabilità delle scelte comuni per realizzare insieme il bene superiore del popolo e della nostra terra. E le “opposizioni di maggioranza” ascoltino sempre  umilmente ed operino con passione, forza e saggezza. Nel paziente ascolto e nell’aperta condivisione, la posizione dell’uno possa anche divenire quella dell’altro.

Non possiamo più assistere alla folle giostra delle incongruenze, delle colpevoli latitanze e degli innumerevoli e gravi ritardi, e di ancora ingiustizie e logoranti indifferenze. Ecco l’inevitabile dolorosa espressione di quei troppi miseri esseri famelici all’onorevole seduta dei diversi governi. E non basterà semplicemente puntare il nostro dito contro. Drammaticamente sono queste infatti le espressioni che vengono proprio da noi, a causa della nostre irresponsabili assenze, delle nostre brame di poteri e ricchezze, come della leggerezza stessa di nostre superficiali scelte.

Sembra puntualmente confermata quella stolta risolutezza di fondo al non voler mai rallentare l’inviolabile macchina del denaro. E si pretende pure di garantire l’incomprimibilità di una lunga lista di bisogni sempre più marginali, mentre si tiene in accelerazione un paradigma produttivo spiralmente viziato. Sembra non si possa fare a meno di fruire, sempre e a volontà, dell’adorata ricchezza, del tanto desiderato appagamento materiale, come anche del potere per il gusto stesso del potere. 

E la visione della felicità viene intanto abilmente offerta sul piano distorcente di lucidati meccanismi sovrastrutturali. Trionfa il triste imperativo del difendere e sostenere quanto più possibile la decretata sacralità di mercati sempre più obesi e rovinosamente manipolati e manipolanti.

L’eccelso potere balsamico di un sistema di benessere alienante viene abilmente propagandato e vissuto come socialmente rigenerante. La prioritaria esigenza che veri beni siano protetti pare invece non riesca ad affermarsi sulla forza dei “materiali comandamenti”.

Eppure, in fondo al cuore, chi non desidera che il nostro mondo possa finalmente rinascere nella pace? Chi non desidera lavorare per la costruzione armonica delle nostre diverse comunità? Chi non sogna e chi non è davvero pronto ad alzarsi e mettersi seriamente al lavoro per un mondo più giusto? Quanto ancora si dovrà quindi attendere? Quanto ancora potremo?

(aulicino)