
XII > Premessa settima: “Virus”. b) Reazioni e Indipendenza Armonica
Tanto più sia grave un emergenza, quanto più andrebbe affrontata con responsabilità, impegno, pazienza e senso civico, stando attenti a non cadere vittime di allarmismi, né di eccessive leggerezze, e cercando di valutare con la giusta critica l’operato dei governi, così come le reazioni dei popoli. Difficile essere in disaccordo. Eppure si riesce anche ad esserlo. Le giuste reazioni evidentemente non sono poi così semplici. Esistono (e fortunatamente!) molti livelli mentali. Alcuni risentono di una fragilità emotiva spesso invalidante; altri di una volontà tesa alla dominante acquisizione di fugaci piaceri sensoriali. Sta di fatto che, per diversi motivi, ci si ritrova come bloccati, nell’incapacità di cogliere l’evidenza di alcuni passaggi più essenziali, e si compromette un adeguato sviluppo di quelle stesse capacità necessarie per una sufficiente elaborazione di specifici dati percepiti e dei relativi contesti. Evidentemente (e ancora per fortuna!) non tutto dipende soltanto dalla mente. È anche necessaria una capacità di comprensione che, intuitivamente ispirata, vada oltre la stessa razionalità. Per questo sempre ritorna l’importanza del rimettersi umilmente in ascolto. Ma questa capacità sfortunatamente non abbonda. Rischiamo di restare lontani dalla fondamentalità di alcune elementari comprensioni. E intanto le tentazioni delle fumanti superficialità restano sempre in agguato e, d’altro canto, sempre più rari si fanno i richiami a una costruzione più profonda, meno ancora se spirituale. Tuttavia, per chiunque resta aperta quella porta che riconduce alla parte più bella ed elevata di noi stessi. Ma, a ogni modo, nessuna condanna. Possiamo sempre migliorare. E possiamo sempre Rinascere.
Non è dunque semplice gestire una crisi quando inaspettatamente insorga. In questi casi, oltre alla necessità chiaramente prioritaria di un intervento sui sintomi, non si dovrebbe assolutamente tralasciare una contemporanea azione di prevenzione, lavorando sin da subito su quelle cause che, altrimenti, diventano responsabili del potenziale emergere di altre future problematiche. Avremmo affrontato una situazione di certo meno drammatica se avessimo agito già prima in chiave preventiva. Amaramente sembra si debba sempre attendere l’arrivo di un qualche male per svegliarsi. Concentrandoci alla sola risoluzione dei problemi presenti ci si ritroverà sempre a inseguirli più che a evitarli. Soltanto operando nel presente, con il tesoro dell’esperienza passata rivolti al futuro, potremo prepararci a fronteggiare le diverse criticità, quelle che verranno e quelle ancora in atto. Aperti a una visione finalmente più ampia, ci si può dedicare alle giuste cure preventive, attivamente operando anche in quei luoghi che abbiamo creduto troppo diversi e quindi distanti dai nostri, continuando a vivere come se addirittura non ci riguardassero.
Con un po’ di umiltà e buon senso, ben riflettendo prima di agire, dovremmo normalizzarci in quella condizione che consente innanzitutto di comprendere cosa sia giusto fare e cosa non fare. Il principale scopo non è soltanto quello costruttivo del prevenire al fine di rompere il circolo vizioso di un continuo inadeguato e pericoloso assistenzialismo, ma anche quello di affrontare l’eccezionalità esplosiva di talune situazioni invalidanti. Tutto ciò resta valido indipendentemente da quanto poi la criticità di tali situazioni possa essere alterata e/o strumentalizzata da chi sembra credere che il bene possa trovarsi nella continua e prioritaria ricerca di soliti vantaggi economici.
Guardando più in là – pensando a quanto sia importante dedicarsi a quelle cause assurdamente ancora trascurate –, cominciamo ad avvertire quanto sia prioritario mettersi all’opera per sanare le fondamenta stesse delle nostre comunità in vista di una desiderata e necessaria ricostruzione armonica.
Cominciamo con l’accogliere lo spirito, nella dimensione generale dell’essenza, per la realizzazione delle nostre vite in Armonia.
È cruciale restare attivi, con risolutezza e senza nocive leggerezze, e per tutto il tempo che sarà necessario, sapendo anche sopportare le giuste limitazioni e i sacrifici di un cammino. Così accade in questo delicato periodo in cui, tra inattese limitazioni e generali incertezze esistenziali, ci siamo ritrovati a dover condurre le nostre storie. Sono questi i momenti in cui, più che mai, siamo chiamati a riflettere e a confrontarci per trovare un senso comune e per agire al meglio, singolarmente ed insieme. Pericoloso perdere, ma anche soltanto ridurre la capacità di discutere sapendo fare autocritica e critica; basilare invece saper verificare con la dovuta attenzione, e senza arroganze e violenze, il senso costruttivo di ogni possibile processo, mirando con pazienza alla sintesi e senza perdersi nella tentazione di quelle esagitate arene analitiche destinate all’irriducibile conflitto. Soprattutto nei momenti di crisi, siamo urgentemente chiamati a un vero incontro. Chi la pensa in modo diverso non è di certo un avversario da demolire, né qualcuno da conquistare, qualcuno che si debba far passare da quella parte del muro edificata come l’unica vera e giusta. Restando ispirati dalle nostre mille fiamme, possiamo sempre dialogare in pace e così, anche nelle divergenze, meravigliosamente incontrarci. In verità tutto è sempre insieme in Armonia.
Tuttavia, anche in assenza di quadri particolarmente critici, ciò che davvero occorre è cominciare a individuare e perseguire l’indispensabile, le cose che davvero hanno una rilevanza per le nostre esistenze. Quando poi, come adesso, ci si ritrovi a dover fronteggiare una crisi pandemica, allora è naturale che ci si concentri anche per un’adeguata prevenzione del rischio di un contagio. Rientra nella sacra natura dei viventi il desiderio di ottenere una protezione dal male, e dal dolore che ne consegue. Siamo chiamati a procedere, ma senza cadere in esagerazioni e nel panico; senza pericolose generalizzazioni e senza approfittare di uno stato di tensione per alimentare odi e separazioni.
Non sono questi i momenti per consolidare chissà quali operazioni di proselitismo, mossi dai soliti desideri di accrescimenti quantitativi nel tentativo (infelice) di elevare ai riflettori una qualche propria “corrente”. Non è il momento per dividerci in sterili e violente competizioni, né mai lo è. È invece importante tenere lucida la visione globale, evitando di cadere nelle trame paralizzanti alimentate da insensibilità varie o da ignoranze, come di taluni legiferanti e altri “specialisti” variamente corrotti e impegnati alla ricerca di nuovi riflettori e consensi. Ci si adoperi, secondo le proprie possibilità e capacità, al servizio della vita e delle nostre comunità.
Ringraziando per il dono della vita sin dall’intimo buongiorno, facciamo in modo che il nostro respiro sia sempre colmo di un profondo senso di serenità e pace, anche quando duramente impegnati per gestire l’eccezionalità di certe onde.
Viviamo in società complesse e non semplici da gestire. Malgrado la presenza in ogni sistema di governo di limiti tipicamente ineliminabili, anche e soprattutto nei momenti più difficili, bisogna comunque avere fiducia e rispetto nelle istituzioni democraticamente elette per rappresentarci, ma senza perciò rinunciare a un atteggiamento attento e critico, e sempre che non vengano gravemente e sistematicamente calpestate diritti inviolabili delle nostre persone e, ancor prima, le note essenziali dei nostri stessi esseri! È questo anche un modo per rispettarci in quanto comunità, nella consapevolezza di come, in casi eccezionali, alcuni livelli delle nostre sfere individuali possano e debbano essere temporaneamente compresse per il bene comune. Per avere assicurato un bene, infatti, è necessario il mantenimento di un ordine sociale che possa proteggere ciascun singolo vivente dall’evitabilità del male. È vero che quando il male giunge, in virtù di un suo intrinseco valore armonico, porta con sé un senso superiore che può addirittura favorire certi processi di verità e di realizzazione più profonda dell’essere. Ma è anche vero che occorre limitarlo al necessario, favorendo come strumento, anche se meno potente, la gioia diretta del bene.
Non deve mai perdersi quella capacità di resistere scalando le difficoltà. Non devono essere favorite le freddezze del cuore, finendo poi queste col logorare la capacità di vivere con amore anche la sensibilità dei corpi. Abbiamo già da tempo consumato alienanti allontanamenti. E ci siamo rifugiati in socialità virtuali fino a compromettere la capacità di comprenderne le reali pericolosità. Quando poi, per il contenimento di una situazione di difficile controllo, eccezionalmente accade, per esempio, di essere obbligati a distanziamenti sociali, allora si presenta l’occasione per comprendere quanto sia importante ed insostituibile quel contatto umano, quella concretezza vitale da troppo tempo ormai insultata. Non si aspetti che siano particolari condizioni costringenti a rivelarci quanto le relazioni reali siano preziose, evidentemente anche per il bene stesso della nostra salute. Recuperiamo quella capacità di condividere realmente la bellezza delle emozioni che sentiamo. La nostra generale incapacità di condividere emozioni e progetti anche nei “social”, con l’attitudine ad acclamare il superficiale, non a caso è il riflesso di una incapacità che affonda le radici nella concretezza delle nostre vite.
In periodi di distanziamento, dunque, ancor di più si coltivi il senso di un vero riavvicinamento. Per questo si impari a guardare all’essenza, ma anche e sempre nel naturale coinvolgimento dei nostri corpi. Favoriamo l’apertura di un senso armonico che, includendo, riesce a superare ogni dualismo. Continuiamo pure a vivere attraverso i potenziamenti della realtà, o della stessa virtualità, potendo anche questa essere una rilevante e significativa nostra estensione, ma se approcciata con moderazione, intelligenza e ponderato distacco. I diversi strumenti che abbiamo avuto il grande ingegno di costruire possono senz’altro essere usati per il bene, ma avendo cura che la dimensione di questa nostra apparenza non perda mai la capacità di attingere e manifestare, nel rispetto delle diverse identità, quel nostro essere che dal profondo risalendo si anima.
Nella logica di interventi di emergenza generale, oltre ai distanziamenti sociali, si sono anche imposti come necessari diversi blocchi operativi di alcune categorie sociali. Pur comprendendo come alcuni comparti siano connessi più di altri ad esigenze materiali di base, resta tuttavia il fatto che ogni lavoratore va sempre rispettato e tutelato. Posta quindi la priorità di interventi basilari, non possono non essere sostenuti i più deboli e tutti coloro che non abbiano sufficienti forze per contrastare l’eccezionalità di misure altrimenti insostenibili. Soluzioni più meditate e specifiche devono poi sempre tener conto delle inevitabili diversità, anche territoriali. Ogni attività, svolta nel rispetto di una realtà condivisa, non può che essere ritenuta fondamentale e meritevole di tutela, anche quando non riguardi la produzione di beni strettamente necessari, come quelli legati all’effettivo sostentamento vitale.
Il valore generale del lavoro non dovrebbe risiedere nel tenere in piedi un sistema economico, a maggior ragione se smoderatamente in corsa (come quello nostro moderno, purtroppo radicalmente alienante e fallimentare!). Guardando ai bisogni più elementari, la rilevanza vera del lavoro si rivela nel consentire innanzitutto concrete realizzazioni della persona e, quindi, delle diverse comunità, quali riunioni di individualità profondamente interconnesse e conviventi. Dev’esser quindi attentamente ponderato il sacrificio richiesto di chi abbia investito preziose risorse e sogni (soprattutto considerando che ciascun lavoro costituisce normalmente l’unica via per ottenere quegli stessi beni irrinunciabili che si vorrebbero appunto assicurare non fermando quei meccanismi produttivi definiti “di base”).
Insomma, è giusto continuare a produrre l’indispensabile, ma purché lo si possa anche acquistare.
Laddove e quando sia necessario sospendere quelle attività non primarie – tralasciando adesso il problema della realizzazione lavorativa e delle perdite economiche difficilmente recuperabili –, occorrerebbe un sistema che sia di fatto capace di garantire stabilmente beni e risorse basilari, e per questo senza nulla in cambio esigere, se non puntando con fiducia ad una generale ripresa.
I sistemi che abbiamo costruito, vincolandoci ad essi, hanno davvero queste potenzialità? Abbiamo accettato i sistemi per la fondamentale conquista dell’ordine sociale. Ma non può darsi un reale ordine che non abbia anche alla base la verità, in un accordo del singolo e della comunità costruito sulla primaria sostenibilità dell’essere.
La salute è un bene prezioso in raro e sottile equilibrio. Può essere messo seriamente a rischio non solo per il sopraggiungere di una qualsiasi malattia, ma anche per l’incapacità di far fronte alle esigenze materiali di base, fondamentalmente a causa di una mancata indipendenza per l’acquisizione del necessario per vivere; e così anche ci ritroviamo a crollare per le conseguenti emarginazioni e le molteplici ingiustizie, per i gravi disagi psichici connessi a sensazioni di incertezza e vuoto interiore, per le ripetute violazioni a danno di un mondo che, sommerso tra dolorose ferite, è sempre meno capace di tenere sufficientemente alte le nostre speranze di un futuro umanamente e globalmente più sostenibile.
È più che mai il tempo della Indipendenza Armonica.
(aulicino)