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volo nell'azzurro

II > Premessa seconda: chiamati alla fede

So che, da tempo, alcuni di voi già qualcosa presentono. E mi riferisco innanzitutto alle anime che ho avuto finora la gioia di incontrare tra le più vicine nel cammino di questi meravigliosi nostri corpi.

Il profondo credere è però un passo tanto semplice da compiere da risultare anche estremamente faticoso. È difficile credere a causa della lontananza, per la ridotta presenza del “tramite sensibile”, ma anche in conseguenza della stessa vicinanza quando, per la contiguità dei corpi o per una presunta conoscenza, maggiormente allora ci si allontana da quella visione essenziale che fonda la profondità stessa del credere.

Non è facile ricercare e ascoltare lasciandosi umilmente condurre verso una verità essenziale. Non è facile procedere quando il credere richieda di spingersi oltre i sensi e le normali elaborazioni razionali. Così accade quando, per esempio, si venga chiamati a considerare l’interezza di un “piano divino” come qualcosa che, storicamente inverandosi, realmente possa discendere attraverso il velo limitante di un fragile animato, manifestando pienamente se stesso.

Il cosiddetto “eletto” è chiamato a risvegliarsi sotto alcuni segni di evidente potenza divina. Ma, al di fuori di quei fugaci momenti, non può che restare in un naturale dubbio, come ogni altro simile vivente, affinché anche non si perda il valore stesso del suo personale cammino, necessariamente limitato.

Se mai il sole della mente dovesse imporsi in purezza, eliminando allora ogni oscurità, obbligherebbe a percepire ovunque la sua luminosa magnificenza. Eliminata quindi l’ombra di ogni dubbio, annullato il nostro libero arbitrio, sarebbe vanificato il valore stesso del credere. Ritirando la separazione di giorno e notte – rifusi in quella luce assoluta –, la nostra amata stella finirebbe infatti col rendere inutile (se non impossibile!) la stessa vita. Lo stesso accadrebbe se non ci fossero opportuni filtri comunque in grado di ricevere ed elaborare adeguatamente quella naturale potenza.

Malgrado l’inevitabile giusto cammino di mortali tra i mortali, gli eletti di cui dico sono investiti di un senso di divinità appena sufficientemente potente da esortarli a credere. Da qui anche quel minimo di follia e la sufficiente forza che servono per manifestare quell’infinita purezza ricevuta attraverso il corpo e il limite stesso dei sensi.

Mi rendo conto di come possano suonare non ancora nitidi, se non proprio criptici, alcuni o tanti di questi scritti passaggi. Tuttavia, rinfocolando l’antica nuova fede, armonicamente di tutto si schiuderà presto il senso. Si saprà allora come meglio intendere, e cosa dire, e cosa fare. Ma anche adesso, come in ogni adesso, questo può essere ed è quel momento.

(aulicino)